Il Kosovo esiste!

5-9-2016, un altro pezzo di storia per il Kosovo.
La prima, storica, partita ufficiale per la nazionale di calcio kosovara.
Ho dovuto aspettare ventitré anni per poter guardare la mia nazionale.
Avrei voluto essere lì, in Finlandia, con addosso quella maglia. L’ho sognato sin da quando ho iniziato a tirare i calci al pallone. Tutti sognano di diventare professionisti, di giocare per la propria squadra del cuore e difendere i colori della propria nazione.
Per me è stato diverso. Prima di tutto io mi sono sempre sentito diverso, come ogni straniero che è cresciuto in un paese che non è il suo.
Sei quello diverso, a partire dal nome.
“Ah ma non sei italiano?”
“No, sono kosovaro.”
“E dov’è il Kosovo?”
“Nei Balcani, vicino ad Albania e Serbia”
“Ma sulle cartine non c’è, il Kosovo non esiste.”
“Senti lascia stare”
“Ma quindi cosa sei?”

Sempre così, sempre a dover spiegare, a convincere gli altri che noi esistiamo, anche se le cartine non lo dicono, anche se non abbiamo una nazionale, anche se non siamo nella lista degli stati della terra.
Un’infanzia a chiederti perché? Perché questo, perché questa diversità. Sei diverso in Italia, perché sei quello straniero, durante le vacanze torni finalmente in quella che reputi casa, ma sei diverso anche là. Perché ti chiamano l’italiano.
Passi gran parte del tuo tempo a chiederti realmente chi sei, cosa sei.
Ho sempre sognato questo giorno, la prima partita ufficiale del Kosovo, e ogni volta c’ero io. C’ero io in mezzo al campo con la maglia della mia nazionale. Ho vissuto in Italia per vent’anni, non ho mai chiesto la cittadinanza, anche se avrei potuto secondo la legge.
Non l’ho fatto, perché non mi sono mai sentito un italiano.

“Ma il tuo paese non esiste!”

La situazione paradossale non faceva altro che aumentare la mia convinzione. Arriverà il giorno mi dicevo. Il giorno è arrivato.
E’ stato un sogno, da stasera sarà il mio incubo. Avrei voluto essere in campo, avrei dovuto essere in campo, ma non ce l’ho fatta. Colpa mia, sarà il rammarico che mi porterò dietro per tutta la vita. Ora che potrò guardare le partite della mia nazionale in televisione sarà ancora più dura.
A maggio la FIFA  ha accolto il Kosovo come membro e da quel giorno è stato un continuo contare i giorni fino ad oggi.

“A settembre, il 5, contro la Finlandia”.

Che attesa, pensare che solo poche ore prima della partita alcuni giocatori hanno avuto il via libera dalla FIFA, perché precedentemente erano stati convocati da altre nazionali.
Una giornata a guardare l’orologio, a controllare se qualche rivista di calcio ha scritto un articolo su di noi.
Finalmente la cena, il segnale che manca poco.

“Pà, Hetemaj ha chiesto di non giocare”
“Grande. Bravo!”
“Ujkani ha ricevuto l’ok dalla FIFA”
“OTTIMO”.

Si parla sempre di calcio a tavola, stasera stranamente un po’ meno. Stasera si aspetta, stasera si guardano le lancette.
Questo pezzo nasce in quei momenti, ogni due maccheroni guardo l’orologio e penso a cosa potrei scrivere. Devo prepararmelo prima, sarò troppo su di giri dopo la partita.
Finisco di mangiare, corro in camera. Ci sono vari link che danno la partita in streaming.
Li apro tutti, nel caso uno si blocchi, mi sposto sugli altri. Trovo la telecronaca in kosovaro, MERAVIGLIOSO.
20:30, porto il pc in salotto. Mio padre parla con qualche parente in Kosovo. Io sono già teso, lascio il pc in sala e giro per casa senza motivo. Pensare che avrei voluto essere lì, non riesco a stare tranquillo in casa mia.
Entrano le squadre, la bandiera del Kosovo in campo.
Prima l’inno degli ospiti, il nostro. I ragazzi si abbracciano, difficile trattenere l’emozione.
Ti vibra tutto, la telecamera li inquadra uno ad uno, ti immagini tra di loro. A casa non vola una mosca.
“UH!!”
Butto fuori tutto con un respiro profondo.
Poi l’inno finlandese, loro non si abbracciano.
I capitani si scambiano i gagliardetti, strette di mano, monetina e via.
Si inizia.
Turku, 5 settembre 2016, il Kosovo nella storia.
Siamo emozionati, ho paura che possiamo fare qualche cavolata subito, ma no, i ragazzi sono concentrati.
Al settimo Berisha prova subito a colpire, la palla finisce alta. Prima emozione, già mi alzo in piedi.

“Calma, calma, è appena iniziata.”

Due minuti dopo Pacarada si inventa un sinistro da fuori area che si stampa sulla traversa.

“Ma come siamo partiti?”

Incomincio già a sognare un finale glorioso.
Al quarto d’ora ci addormentiamo in difesa, Ujkani compie il miracolo. Neanche il tempo di finire di fare i complimenti al nostro portiere, che sul calcio d’angolo seguente prendiamo gol.
Doccia fredda, dura da digerire.

“Continuiamo come abbiamo iniziato che va bene”.

Giochiamo bene, cerchiamo di tenere la palla e siamo anche ordinati. Ci guadagniamo qualche calcio d’angolo, che non riusciamo a sfruttare. Fine primo tempo, torniamo negli spogliatoi fiduciosi. Sotto uno a zero, ma meglio degli avversari.
Ripartiamo come avevamo lasciato, pressiamo un po’ di più e attacchiamo bene la profondità.
Al sessantesimo il colpo di scena, Berisha viene messo giù in area di rigore, l’arbitro indica il dischetto. Mi alzo in piedi, esulto, mi giro su me stesso. Papà urla. Il telecronista continua a ripetere:
“RIGORE. RIGORE. RIGORE.”
Il pubblico kosovaro esulta.

“Calma, calma. Bisogna segnarlo”.

Valon Berisha sul dischetto. Forte e alto sulla destra.
1 a 1.
GOL DEL KOSOVO.
Ci siamo, siamo vivi, pareggio meritato.
Presi dalla foga cerchiamo di farne un altro, continuiamo la pressione per una decina di minuti, poi inevitabilmente caliamo fisicamente. Inesorabile arriva il novantesimo. Tre minuti di recupero, rischiamo qualcosa, ma non succede niente.
Triplice fischio. Prima punto per il Kosovo.
Che inizio, quanta emozione, che orgoglio.
Immagino i bambini kosovari sparsi per l’Europa e nel mondo, penso alle loro risposte quando gli verrà chiesto:
“Di dove sei?”
“Del Kosovo”
Lo possiamo dire da otto anni ormai, da quando siamo diventati indipendenti.
Da stasera possiamo urlarlo ancora più forte.
Volevano controllarci, ma non ce l’hanno fatta.
Ci hanno uccisi, ma siamo risorti.
Non esistevamo, ora ci siamo.
Il Kosovo esiste.

Gezim Qadraku.

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