Con te è bello anche solo stare in silenzio

“Certo che sei proprio un tipo silenzioso è, non hai aperto bocca oggi. Ho per caso detto qualcosa di sbagliato?”
“No no, preferisco il silenzio alle parole”
“Ah menomale, stavo iniziando a pensare che qualcosa in me non andasse bene”
“No tranquilla, se fosse così non sarei neanche più qui”
“Va beh, ma ci sarà un motivo se parli così poco”
“Ho sempre dato un’importanza fondamentale alle parole, ho sempre cercato di usarle nella maniera migliore possibile, di dare loro il peso giusto. In pochi riesco a captare realmente il loro valore. Molte persone parlano solo perché non sono capaci di stare in silenzio, si sentono a disagio altrimenti. Allora aprono la bocca  a sproposito, e quando parli perché non sai cosa fare, c’è il rischio che tu racconta frottole. Può capitare che chi ti ascolta, creda alle tue bugie. Questo è molto pericoloso”.
“Wow, parli poco, ma quando lo fai ci vai giù pesante. Bene, allora non devo preoccuparmi quando stai in silenzio”
“Assolutamente no, non ti devi preoccupare. E poi sai, con te è bello anche solo stare silenzio”.

Gezim Qadraku.

Citizenfour

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Il documentario è finito, sei ancora un po’ scosso da tutte le informazioni dettagliate che hai acquisito in quasi due ore. La cosa naturale che ti viene da fare, è cercare su wikipedia qualche informazione in più. Digiti il titolo del documentario sulla barra di ricerca, ma niente.
Allora cerchi tra i premi Oscar di quest’anno, scorri giù fino alla categoria dei documentari e ti rendi conto che il nome è in rosso.  Non esiste una pagina dedicata a questo piccolo capolavoro.  Perché? La risposta la lascio a voi, non mi sembra difficile.
Un capolavoro che ci racconta come si è sviluppato lo scandalo più grave della storia.
Il protagonista è Edward Snowden, si fa chiamare Ed.
Collaboratore della Booz Hallen Hamilton (azienda tecnologica informatica della NSA, National Security Agency).
Il luogo è la stanza dell’Hotel Mira di Hong Kong, nel quale insieme alla regista Laura Poitras (la quale da gennaio è in contatto con Snowden, tramite email criptate) e ai giornalisti Gleen Greenwald e Ewen McAskill, Ed dà il via alla rivelazione di uno degli scandali più gravi della storia dell’umanità.

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Il tutto dura otto giorni. Nei quali la telecamera segue il protagonista senza un attimo di tregua. Ci si aspetterebbe di vedere delle ricostruzioni, dei video messaggi caricati con la speranza di essere visti nel futuro. Invece no, è tutto in diretta.
La consapevolezza, il coraggio, la determinazione di Edward di voler far sapere a tutto il mondo la verità.
Una verità scomoda.
Il governo americano, a insaputa di tutti, dal 2001 ( casualmente dopo l’attentato alle torri gemelle) ha iniziato a controllare tutto ciò che voleva.
Dalle telefonate, ai messaggi, alle email, alle ricerche sui browser.  Indifferentemente, nel proprio territorio e nel resto del mondo.
Dodici anni di libero spionaggio, senza che nessuno sapesse niente.
Non è un semplice racconto, ci sono anche spiragli di cinema. La suspense che si prende possesso dello spettatore. La possibilità di un colpo di scena, che può avvenire da un momento all’altro, il quale potrebbe causare la stessa reazione sia per chi è all’interno dello schermo che per chi è all’esterno.
Il protagonista che fa da regista. E’ lui a decidere tempi e modi. E’ stato lui a scegliere chi doveva stare dietro alla telecamera e chi di fianco a lui.
Tutto questo è valso l’Oscar di miglior documentario. Ma una statuetta d’oro non è nulla.
Il messaggio può arrivare a tutti.
E’ nostro dovere fare in modo che uno sforzo del genere non sia vano.
Dedicato a coloro che hanno intenzione di cambiare il mondo.

Voto: 10.

Gezim Qadraku.

Sogno un’altra vita con te, con un finale diverso.

Ci siamo detti addio molto tempo fa. I litigi erano all’ordine del giorno, non eravamo più d’accordo su niente. Non riesco tutt’ora a spiegare come l’idillio iniziale si sia trasformata in una bufera continua, come quella degli ultimi tempi. Abbiamo deciso insieme che così, non si poteva andare avanti. Allora ogni per la sua strada, come se fosse facile, continuare a vivere facendo finta di niente. Lo credevo impossibile all’inizio, ero assente, rispettavo i miei obblighi giornalieri, ma quando tornavo a casa mi chiedevo se era possibile andare avanti in quel modo. Dei sorrisi non c’era più traccia, lo sguardo era spento, ero impassibile a tutto quello che mi circondava. Mi sentivo sospeso in una dimensione di mezzo, nella quale c’ero solo io. Niente entrava e niente usciva.
Sai non è facile, tornare a casa dal lavoro, aprire la porta e sentire solo il silenzio delle mura. Non c’era nessuno ad aspettarmi, nessuno a chiedermi come fosse andata la giornata, cosa volevo da mangiare. Sono belle abitudini quelle. Piccole cose, che sembrano inutili, ma che hanno un’importanza fondamentale. Cosa ci potrà mai essere di così bello nella domanda “ cosa mangiamo stasera?“.
Ci ho sempre visto tutto l’amore del mondo in questa frase, perché significava che eravamo entrambi in casa,  che qualcuno era interessato a me, che ci aspettava la serata da passare insieme. Che nonostante la giornata fosse stata pessima, era arrivato il momento di riprendere la linfa vitale tra le tue braccia. Sai, è bello avere qualcuno che ti aspetta a casa, qualcuno che si preoccupa, qualcuno che ha bisogno di te.
Ho sofferto, ho pianto, non ne ho parlato con nessuno. Tanto a cosa serve parlarne?
Cosa avrebbero potuto capire i miei amici? Niente.
Loro mica l’hanno vissuto il nostro amore.
Non so come ho fatto, ma sono uscito da quella dimensione tutta mia che mi ero creato. Le cose sono iniziate a cambiare, piano piano, giorno dopo giorno, come un contagocce. Pezzo per pezzo sono riuscito a ricostruirmi. C’è voluto tempo, è stato difficile, ma ne è valsa la pena. Ora eccomi, tirato a lucido, nuovo di zecca. Il sorriso, lo sguardo e il cuore sono tornati, ora splendo, riesco anche a parlare di te quando capita, della nostra storia, con una freddezza irriconoscibile. Il fatto di non averti più vista mi ha sicuramente aiutato, non so come potrei reagire se dovessi vederti, probabilmente la mancanza di respiro, il nodo alla gola e l’incapacità di aprire la bocca, potrei provarli ancora. Ho capito che la nostra scelta è stata quella giusta.
Sì, abbiamo fatto bene a dirci addio. Nonostante tutto però, non potrò mai provare un sentimento negativo nei tuoi confronti. Così ogni tanto, quasi per gioco, prima di andare a letto spero di sognare un’altra vita con te. Una vita al tuo fianco, con un finale diverso.
Uno di quelli in cui le cose vanno bene e le persone si amano.

Gezim Qadraku.

Il capitale umano

Volete avete avere un’idea chiara della società attuale?
Guardate questo film.

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Ci troviamo a Milano. Ma non in centro, siamo in periferia. Una periferia benestante.
La famiglia è una di quelle importanti. La casa, no beh non stiamo parlando di casa. Ci avviciniamo più al concetto di reggia. I soldi? Quelli ci sono e sono tanti, forse troppi.

Il film nasce con una scena che descrive un fatto ormai fin troppo comune in questo paese.
Un pirata della strada investe una persona, in questo caso un ciclista e scappa.
La storia e i protagonisti ruotano attorno a questo avvenimento.
La costante principale è l’accento.
Quello milanese. Lo si sente in tutti i protagonisti, che lo  marcano con il gesticolare tipico italiano e le abbreviazioni del momento.
Il periodo è quello natalizio.Tutti presi a scambiarsi gli auguri, a comprare i regali, le vie della moda e i negozi illuminati, ma effettivamente di acceso nelle persone c’è ben poco.
Ognuno dei protagonisti ha i propri scheletri nell’armadio. E non sono cose da niente.
Un mix di tradimenti, soldi non dichiarati, affari mal riusciti. Tutto arricchito dalla falsità dei rapporti. Caratterizzati da sorrisi frontali e pugnalate alle spalle.
C’è la crisi. E tutti vogliono evitarla, anzi , vogliono guadagnarci sopra.
Si scommette sulla rovina del paese.

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Il cast non è uno di quelli importanti, ma non ha niente da invidiare a nessuno.
Spicca su tutte la notevole interpretazione di Fabrizio Giffuni.
Accompagnato da un Fabrizio Bentivoglio, ottimo nei panni dell’agente immobiliare Dino Ossola.
Piacevole la scoperta di Matilde Gioli, che interpreta Serena, la figlia di Dino Ossola.
Altrettanto belle le conferme di Valeria Bruni Tedeschi e di Valeria Golino.
E’ una pellicola che vuole mostrare i segreti di quella vita che tanto piace e attira l’immaginazione delle persone comuni. Una vita fatta di macchine lussuose, case affascinanti, abiti su misura, autisti privati, feste di gala.

Paolo Virzì ci fa vedere l’altra faccia della medaglia. In queste vite mancano i sentimenti, i rapporti non esistono, l’unica cosa che lega queste famiglie ricche è il loro grado di parentela.
Una famiglia, quella dei Bernaschi, spaccata.
Una moglie completamente assente, persa e lontana dai suoi affetti, un padre concentrato esclusivamente sui suoi affari, un figlio che vuole solamente divertirsi e affogare i suoi problemi nell’alcool.

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Il regista ci lascia con un messaggio forte, sul quale riflettere.
Nella nostra società, il valore di una persona si stima in euro.
Questo film è l’ennesima dimostrazione che questo paese è pieno di talento.

Voto : 8.

Gezim Qadraku.

Voglio litigare con te per il resto dei miei giorni

Litigarono, di nuovo, ma questa sembrava essere l’ultima volta.
Quella decisiva, quando volano gli oggetti di casa e si cerca di ferire l’altro in maniera definitiva, facendogli pesare tutti i difetti possibili.
Quella in cui si esagera. Quella dalla quale poi, non si può più tornare indietro.
Addio, non tornerò mai più” le disse uscendo di casa senza neanche chiudere la porta.
Salì in macchina e partì in fretta.  Aveva bisogno di un posto sicuro, che lo riportasse alla calma. Guidò per qualche ora ma si rese presto conto che non sapeva dove andare. Continuava a girovagare senza una meta, non esisteva alcun luogo nel quale poteva rifugiarsi.
Capì che continuando a guidare, la situazione sarebbe solo peggiorata.
Decise di fermarsi ad un distributore di benzina. Fece il pieno e comprò una bottiglia di birra. Non rientrò in autostrada, parcheggiò e rimase in macchina, seduto, a bersi la birra e guardare le auto che sfrecciavano davanti ai suoi occhi.
In quell’istante, provò quella strana sensazione che si prova quando ci si fa male ad una parte del corpo che non consideriamo importante.
Come può essere il mignolo della mano, le dita dei piedi o qualche ossicino del quale non eravamo neanche a conoscenza. Nei giorni successivi al trauma, la sensazione è che la parte malata sia il centro del nostro corpo, dal quale passa tutto.
Ci si sente contratti, si ha paura di fare qualsiasi movimento che implichi l’utilizzo dell’organo infortunato. Allora avviene automaticamente un altro meccanismo. Iniziamo a dargli la giusta importanza, ci sembra che non potremmo vivere, sprovvisti di quella parte del corpo.
Così si sentì lui senza di lei, gli parve di non poter vivere.
Qualche ora dopo tornò a casa , la porta era ancora aperta e lei era ancora seduta sul divano.
“Che ci fai qui? Non era mica un addio quello di prima?”
“Voglio litigare con te per il resto dei miei giorni”.

Gezim Qadraku.

Wild

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Cheryl Strayed ha un progetto. Percorrere il Pacific Crest Trail. Un sentiero escursionistico che ha come capolinea meridionale il confine tra gli Stati Uniti e il Messico e come capolinea settentrionale il confine tra gli Stati Uniti e il Canada.
Una vita che sta andando in frantumi la porta a prendere questa decisione.
Un matrimonio finito in modo burrascoso. La morte della madre a causa di una grave malattia. Un’infanzia rovinata da un padre alcolista e violento. E come ultimo, l’assunzione di droghe e stupefacenti.
Cheryl, (Reese Whiterspoon) ha bisogno di stare da sola, di allontanarsi da tutto questo marcio che le sta infangando la vita e la sta facendo sprofondare in un baratro.
Parte, portandosi dietro solo il suo enorme zaino. E’ un percorso lungo. Si ripete che può mollare quando vuole. Ma va avanti, imperterrita, coraggiosa.
Gli incontri con altre persone sono parecchi. Soprattutto con gli uomini, con i quali Cheryl non riesce ad avere un approccio facile.

Il viaggio è un mix di ricordi, scoperte, ostacoli e di vittorie.
Il fatto che la pellicola sia tratta dal libro, Wild- Una storia selvaggia di avventura e rinascita, rende tutto ancora molto più toccante e suggestivo.
E’ inevitabile cercare di paragonarlo a “Into the Wild”. Lo stesso scenario, un percorso simile, ma due storie diverse e due protagonisti completamente differenti. L’attenzione è incentrata tutta su Cheryl , non sul mondo e sulla natura selvaggia. In questa pellicola, l’unica cosa che si può considerare incontrollata, è la vita della protagonista.

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Una bella interpretazione di Reese Whiterspoon, capace di calarsi nella parte in maniera ottimale, non a caso candidata all’oscar come miglior attrice, da qualcosa in più a questo film. Un regia che si concentra molto sulla protagonista, sul suo calvario, sui suoi cambiamenti mentali, sulla sua vittoria.
Lo si capisce subito che Cheryl ha vinto.
Dall’inizio, quando ha deciso di mettersi sulle spalle quello zaino e partire.

Voto: 6,5

Gezim Qadraku.