Il documentario è finito, sei ancora un po’ scosso da tutte le informazioni dettagliate che hai acquisito in quasi due ore. La cosa naturale che ti viene da fare, è cercare su wikipedia qualche informazione in più. Digiti il titolo del documentario sulla barra di ricerca, ma niente.
Allora cerchi tra i premi Oscar di quest’anno, scorri giù fino alla categoria dei documentari e ti rendi conto che il nome è in rosso. Non esiste una pagina dedicata a questo piccolo capolavoro. Perché? La risposta la lascio a voi, non mi sembra difficile.
Un capolavoro che ci racconta come si è sviluppato lo scandalo più grave della storia.
Il protagonista è Edward Snowden, si fa chiamare Ed.
Collaboratore della Booz Hallen Hamilton (azienda tecnologica informatica della NSA, National Security Agency).
Il luogo è la stanza dell’Hotel Mira di Hong Kong, nel quale insieme alla regista Laura Poitras (la quale da gennaio è in contatto con Snowden, tramite email criptate) e ai giornalisti Gleen Greenwald e Ewen McAskill, Ed dà il via alla rivelazione di uno degli scandali più gravi della storia dell’umanità.
Il tutto dura otto giorni. Nei quali la telecamera segue il protagonista senza un attimo di tregua. Ci si aspetterebbe di vedere delle ricostruzioni, dei video messaggi caricati con la speranza di essere visti nel futuro. Invece no, è tutto in diretta.
La consapevolezza, il coraggio, la determinazione di Edward di voler far sapere a tutto il mondo la verità.
Una verità scomoda.
Il governo americano, a insaputa di tutti, dal 2001 ( casualmente dopo l’attentato alle torri gemelle) ha iniziato a controllare tutto ciò che voleva.
Dalle telefonate, ai messaggi, alle email, alle ricerche sui browser. Indifferentemente, nel proprio territorio e nel resto del mondo.
Dodici anni di libero spionaggio, senza che nessuno sapesse niente.
Non è un semplice racconto, ci sono anche spiragli di cinema. La suspense che si prende possesso dello spettatore. La possibilità di un colpo di scena, che può avvenire da un momento all’altro, il quale potrebbe causare la stessa reazione sia per chi è all’interno dello schermo che per chi è all’esterno.
Il protagonista che fa da regista. E’ lui a decidere tempi e modi. E’ stato lui a scegliere chi doveva stare dietro alla telecamera e chi di fianco a lui.
Tutto questo è valso l’Oscar di miglior documentario. Ma una statuetta d’oro non è nulla.
Il messaggio può arrivare a tutti.
E’ nostro dovere fare in modo che uno sforzo del genere non sia vano.
Dedicato a coloro che hanno intenzione di cambiare il mondo.
Voto: 10.
Gezim Qadraku.