Mkhitaryan e la politica nello sport

La notizia ufficiale è arrivata settimana scorsa, quando il calciatore armeno ha annunciato con un tweet che non avrebbe preso parte alla finale di Europa League a Baku.

Tra Armenia e Azerbaijan i rapporti sono tra i pessimi possibili. I due paesi sono impegnati da trent’anni nella guerra del Nagorno-Karabakh, un pezzo di terra conteso da entrambi. Conflitto che ha visto un cessate il fuoco nel 1994, ma che riprende a scadenze mensili. Nessuno pare essere interessato a fermarlo.

Dall’annuncio del giocatore è partita una corsa forsennata alla ricerca di un colpevole.
In molti si sono riversati contro la UEFA, esercizio sempre comodo in occasioni del genere – sparare a zero contro i nomi grossi è facile e attira l’attenzione – altri si sono accaniti contro l’Azerbaijan per non aver garantito la sicurezza necessaria a convincere il giocatore.

Leggendo e informandosi sulla figura di Mkhitaryan, si può comprendere quanto il suo spessore e la sua importanza in patria siano concetti per noi difficilmente comprensibili. I miei amici di Curva Est sono da poco tornati da un viaggio a Yerevan e il responso girando le vie della capitale è che ci sono solo magliette di Henrick. E non solo quella della squadra per la quale milita ora, ma di tutte quelle nelle quali ha giocato. Insomma, l’importante è avere sulle spalle il suo cognome.

Questo appunto per dire che il ragazzo non ci sarebbe mai andato a Baku. Neanche se l’avessero portato in elicottero e l’avessero fatto scendere direttamente in campo. Giusto per fare un esempio impensabile.
Noi non possiamo capire cosa significhi avere un paese sulle proprie spalle e se lui ha deciso di rinunciare a giocare una finale di Europa League, l’unica cosa che si può fare è accettare la sua decisione.

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Mappa della regione (CARC)

Ci si può, anzi, ci si deve fare un paio di domande. Perché l’Arsenal si è svegliato solo dopo aver raggiunto la finale? Nel girone di qualificazione i londinesi affrontarono il Qarabag, che a causa del conflitto nel Nagorno-Karabakh è costretto a giocare le partite di casa a Baku. Naturalmente il giocatore armeno non prese parte alla trasferta. Insomma, si sapeva già da un po’ che la finale si sarebbe giocata a Baku e che questo problema non si sarebbe smaterializzato.
Agire prima e prendere una posizione forte contro la UEFA?
E se si fosse trattato di un titolarissimo o di un top-player come Ronaldo e Messi?

Coloro che amano attaccarsi a UEFA e FIFA sempre e comunque, si sono domandati che bisogno c’era di scegliere Baku come destinazione. Domanda più che legittima, visto e considerando due punti:
1- La distanza
2- La situazione in termini di diritti umani e libertà di espressione in Azerbaijan.

Purtroppo siamo abituati a seguire i più importanti eventi sportivi in paesi che non brillano in termini di democrazia e diritti umani. Cina, Russia e il prossimo mondiale in Qatar che ha già fatto il pieno in termini di pessima figura.

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Le spettacolari torri di fuoco a Baku

L’Azerbaijan però fa molto comodo all’intero continente europeo. C’è di mezzo il gas e la dipedenza totale dell’Europa dalla Russia. L’unica soluzione possibile al momento per risolvere il problema russo è quello di ricevere il gas azero. Pur di raggiungere questo obiettivo negli anni passati Baku, in stretta alleanza con diverse figure del nostro continente, non si è fatta mancare nulla. Alla base c’era un mega-progetto di corruzione, con una marea di soldi che da Baku sono transitati un po’ ovunque nel vecchio continente. Lo scandalo ha preso il nome di “lavatrice azera” o “caviar democracy” e l’obiettivo era quello di pagare chiunque fosse in grado di parlare o votare – nelle sedi opportune – a favore di Baku. In questo modo si sono comprati il Consiglio d’Europa per far bocciare il rapporto Strasser. Il quale denunciava la presenza di 85 prigionieri politici in Azerbaijan e una situazione imbarazzante in termini di libertà.
In questo paese lavorare come giornalista freelance o come oppositore politico è quasi impossibile. Si rischia il carcere anche per un like alla pagina sbagliata.
La bocciatura di tale rapporto ha permesso all’UE di dare il via libera al TAP, il gasdotto che parte da Baku e arriverà fino in Puglia e permetterà al vecchio continente di diversificare le entrate di gas.
Tutto questo accade nel 2013, a gennaio bocciatura del rapporto e a giugno il benvenuto al gasdotto.

La famiglia Aliyev ha acquisito ulteriore notorietà anche dopo i Panama Papers, con il loro nome che è stato uno dei più evidenziati. Società e conti offshore per poter mettere le mani e godersi al meglio la ricchezza derivante dalle fonti più importanti del paese: miniere, agenzie di telefonia e compagnie aeree. A cercare corruzione si va sempre a finire per trovare l’Azerbaijan. Prima di essere brutalmente uccisa, la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia aveva dimostrato come l’elite azera riciclasse i propri soldi in una banca di Malta, tale Pilatus Bank. La giornalista, come detto, è stata fatta fuori. Il direttore della banca è stato arrestato negli USA e rischia 100 anni di galera e alla banca è stata revocata la licenza dalla BCE.

Un paese come l’Azerbaijan si trova a dover affrontare due enormi problemi: la totale dipendenza dal petrolio e tutte queste brutte macchie o scheletri dell’armadio, chiamatele come volete. Visto che il meccanismo di corruzione è saltato fuori ed è comunque rischioso, un altro bel progetto è quello di puntare sullo sport. Definiamola “sport policy”, con l’obiettivo di tirare via le macchie e dare un’immagine migliore del paese in giro per il mondo. Dal 2000 a oggi gli eventi sportivi tenutisi a Baku sono stati davvero numerosi. I più ecclatanti senza dubbio il GP di Formula 1, l’Eurovision Contest, questa finale di Europa League e le quattro partite del prossimo Europeo.
In questo modo lo sport viene utilizzato come maschera e permette di agganciare investimenti esteri e provare a muovere l’economia verso un’altra direzione. Nonostante l’oro nero abbia dato i suoi frutti, solo per la famiglia degli Aliyev e chi è vicino a loro, a lungo andare essere economicamente totalmente dipendenti da una risorsa come questa è troppo rischioso.

European Grand Prix 3
Grand Prix di Baku

In questa storia, come potete vedere, c’è un bel mix di ogni ingrediente, ma come al solito alla base ci sono interessi enormi.

Negli ultimi giorni sono venuto a conoscenza del fatto che la decisione del giocatore non è stata apprezzata da tutti i suoi connazionali. Qualcuno ha fatto notare come diversi atleti armeni abbiano preso parte ai giochi olimpici (tenutisi a Baku), dimenticandosi però la differnza tra l’essere Mkhitaryan e un semplice sportivo armeno. Dalla parte azera le critiche sono state dure, addirittura di razzismo per aver fatto passare il paese come un posto dove la sicurezza delle persone viene messa a rischio.
Per concludere arrivano notizie da Londra secondo le quali a tifosi londinesi di origine armena sarebbe stato negato il visto. La ciliegina sulla torta.

La storia ci ha mostrato come lo sport in certi casi abbia permesso alla politica di fare passi da gigante, come per esempio la diplomazia del ping-pong che avvicinò Cina e USA, oppure la gara tra Iran e USA nei mondiali di Francia ’98, che permise ai due Stati di dare vita a un processo di miglioramento delle relazioni.

Questa volta la politica è entrata nel mondo dello sport senza chiedere il permesso e ha fatto sì che quest’ultimo toccasse uno dei punti più bassi di sempre.
Situazioni del genere ce ne sono parecchie e molte volte ragioni come la differenza di livello o semplicemente il caso fanno sì che certi paesi non si incrocino in determinati contesti.

Ci si chiede sempre, giustamente, che la politica resti fuori dai campi sportivi.
È veramente possibile?
Forse solo se lo sport non giocasse un ruolo così determinate a livello globale, ma ai giorni d’oggi oltre a essere diventato un’enorme azienda capace di fruttare quantità di denaro sempre più consistenti, ha anche la capacità di giocare un ruolo maggiore in contesti come la politica e le relazioni internazionali.

La storia di Mkhitaryan è una sconfitta enorme per il calcio, che purtroppo finirà nel dimenticatoio dopo il fischio iniziale di domani sera.

Gezim Qadraku.

Cena vegana

Siamo andati in questo nuovo ristorante in Porta Ticinese.
“Paradiso vegano” si chiama.
Cucina esclusivamente vegana.
È da un mese che Marta non fa altro che contattare chiunque pur di trovare qualche coppia di amici disposta a venire con noi. Finalmente Pietro e Michela sono riusciti a liberarsi.
Marta non ha fatto altro che ripetermi di quanto cambiare l’alimentazione sia importante, che scelte come queste incidono sul clima, che la causa principale dei gas serra siano gli allevamenti intensivi.
Ho annuito per tutto il tragitto, sperando di risultare credibile.
In realtà ormai è talmente fissata con il salvare il mondo che parla da sola. È partita come un treno ad alta velocità e non sembra ci sia nessuno pronto a fermarla.
Io sono l’ultimo che ci proverà.
Sai che cazzo me ne frega di tutta sta roba.

Quando siamo arrivati al ristorante avevo la testa in procinto di esplodere.
Come se non bastasse anche Pietro e Michela erano entusiasti e felicissimi di provare questo nuovo locale.
Ci siamo seduti e abbiamo dato inizio alle danze.
Discorsi sul clima, sulle conseguenze per il nostro futuro e su quello degli animali.
Ogni tot minuti una pausa per sottolineare che quella roba presenta nel piatto avesse un sapore un po così, un po’ cosà.
Fino a ieri mangiavamo sui tombini, ora siamo diventati esperti di impiattamento e ci lamentiamo se in ciò che mangiamo non c’è un contrasto di sapori.
Acido e dolce allo stesso tempo, altrimenti è da buttare.
Poi la consistenza e il nome del piatto.
Abbiamo avuto da ridire su un po’ di nomi. Ancora un anno e finisce che ne apriamo noi uno di ristorante.

Non ho mai fumato così tante sigarette in vita mia.
Sono uscito dal ristorante con una fame assurda. Mi sarei volentieri fermato a prendermi una bella pizza capricciosa o direttamente al Mc Donald’s.

Siamo arrivati a casa abbastanza tardi.
Jessica, la babysitter, ci ha aperto la porta.
Ci ha detto che Martina si era addormentata un’ora prima e che la serata era andata bene.
Marta l’ha salutata e ringraziata. Io l’ho accompagnata fuori.
Aveva parcheggiato la macchina nella via che fa angolo con la nostra. Ci siamo guardati attorno e tutte le luci delle villette erano spente.
Ci siamo baciati calorosamente. Ho messo le mie mani un po’ ovunque e lei ha fatto lo stesso. Un manciata di secondi e mi sono rivitalizzato.

Ha ventun anni e studia medicina. Fa la babysitter per noi da circa un anno.
Scopiamo da una decina di mesi. Lo facciamo due-tre volte di fila, è insaziabile.
È la mia droga preferita. Mi tiene in vita.
Con Marta non ricordo neanche quando sia stata l’ultima volta e non mi interessa neanche.

Sono tornato dentro.
Ho detto a Marta che sarei rimasto a guardare un po’ di televisione, lei mi ha risposto che era distrutta.
Ci credo, ha parlato per più di due ore di fila.

Dopo una mezz’ora mi ha scritto Jessica.

“Allora com’è andata la serata? Che avete fatto di bello?”
“Siamo andati in un ristorante vegano. Loro hanno cercato di risolvere il problema dell’inquinamento e commentato i piatti, io ho recitato.”
“Cioè?”
“Ho cercato di mostrarmi interessato.
Ho dato la mia opinione su ogni discussione.
Ho criticato qualche piatto.
Ho fatto il bravo marito, il bravo padre.
Ho recitato.”
“Ti ho pensato tutta la sera!”
“Anch’io non ho fatto altro che pensarti”.
“Ti vorrei qui, ora. Ho voglia di te!”
“Anch’io ho voglia di te!”

Gezim Qadraku.