“Ci avrei scommesso l’intero stipendio e l’avrei perso, menomale che ho letto il tuo nome sul cartellino. Dai è impossibile che non sei italiana”
“Ahaha me lo dicono tutti ormai, sarà per via dell’accento”
“Sei pazzesca, hai l’accento milanese. Come diavolo fai?”
“Non ne ho idea, è successo tutto in automatico”
“Roba da niente insomma… io sono sicura che se dovessi venire in Albania non acquisirei l’accento neanche dopo 50 anni”
“Ma no, fidati che ci riusciresti”
“Quanti anni avevi quando sei arrivata?
Ah se non ti va di parlarne non c’è problema, è che sono così curiosa”
“Ma no figurati quale problema, anzi è un motivo di vanto. Avevo sei anni, iniziai le scuole elementari in Italia”
“Non dev’essere stato facile, parlavi già bene l’albanese giusto?”
“Esattamente. Il primo anno a scuola fu un vero e proprio incubo, e non solo per la lingua”
“Che ti successe?”
“Venivo presa in giro continuamente. Pensare che già in prima elementare fui quasi vittima di bullismo mi fa venire i brividi, che poi in realtà le prese in giro durarono per molti anni”.
“Che stronzi. Tu che facevi?”
“Niente, mi isolavo e cercavo di non piangere per non mostrarmi debole. Allo stesso tempo mi costruivo una muraglia intorno a me senza neanche accorgermene, la quale ancora adesso ogni tanto ha il suo effetto”
“Infatti non mi hai dato l’idea di una persona particolarmente socievole settimana scorsa”
“Anche questo me lo dicono tutti, ma quando non conosco una persona tendo a farmi gli affari miei. Sono sempre convinta di disturbare e spesso mi dimentico che i giorni in cui venivo etichettata come quella straniera sono ormai un ricordo lontano”
“Etichettata?”
“Esatto. Fino alle superiori sono stata la ragazza brutta albanese arrivata con il gommone da prendere in giro. Per anni ho pensato di non essere altro. Mi dava fastidio anche a me essere straniera, volevo semplicemente poter giocare con i miei coetanei, essere invitata alle loro feste di compleanno e che la mia famiglia trascorresse le vacanze con quelle di qualche mia compagna di classe. La realtà invece era completamente diversa, i miei parlavano male la lingua, faticavano a conversare con i genitori dei miei compagni, nessuno di loro mi invitava a casa e le mie vacanze erano un viaggio lunghissimo che durava più di una giornata, destinazione Albania. Ero una bambina e volevo soltanto somigliare ai bambini italiani, avere un nome semplice da pronunciare e fare la loro vita, tutto qui”.
“Pensi ancora le stesse cose?”
“Assolutamente no, anzi credo che in molti mi invidiano. Col passare degli anni mi sono accorta di quanto in realtà fossi fortunata, la possibilità di parlare bene due lingue, di poter vivere indifferentemente in due paesi, di essermi integrata in maniera perfetta in Italia e di sapere tutto anche di questo paese. È come se vedessi il mondo con quattro occhi, ho una visuale più ampia, due punti di vista e questo è veramente bello. Ci ho messo un po’ a mettere insieme il tutto, perché prima pensavo di essere due ragazze, quella che viveva in Italia da settembre a luglio e l’altra, quella che passava le vacanza in Albania durante il mese di agosto. A volte mi chiedevo chi fossi realmente. Crescendo e maturando ho messo insieme il tutto e sono felice di quello che ne è venuto fuori”.
“Ci torni ancora?”
“Sempre. Non esiste che durante un anno solare io non torni a trovare i miei nonni. Ora anche il fatto di aver collegato il lavoro tra Italia e Albania mi aiuta, costringendomi a fare viaggi continui. Non poteva succedermi di meglio”.
“Potete dire di avercela fatta quindi, chissà come saranno orgogliosi i tuoi genitori”
“Già, solo il fatto di essermi laureata in Italia per loro era come essere riusciti ad arrivare sulla luna. Furono in molti a dir loro che stavano commettendo un errore, quando mollarono tutto per venire qui. Mio nonno decise di vendere tutta la terra che aveva per dare a mio padre i soldi per il viaggio. Si giocarono gli ultimi soldi così, per pagare il traghetto che sarebbe sbarcato a Bari dopo 24 ore di viaggio. Nessuno credette in noi, ma alla fine abbiamo avuto ragione. Dopo la laurea ho aperto la mia piccola azienda e ora ci stiamo espandendo anche in Albania”
“Mi hai fatto venire i brividi davvero, non oso immaginare quanti sacrifici avete fatto”
“Noi albanesi siamo abituati a sacrificarci, siamo nati per soffrire!”
“Complimenti davvero, mi dispiace che per colpa di qualche idiota per molti anni siete stati considerati come ladri e persone pericolose”
“È sempre così e vale per tutte le nazionalità, basta che un deficiente faccia una stupidaggine e poi tutti gli altri vengono etichettati in malo modo”
“Hai ragione, lo stesso capita anche a noi italiani quando usciamo fuori dai nostri confini”
“Esattamente”
“Promettimi che mi porterai in Albania l’estate prossima”
“Promesso, ma ho paura che non vorrai più tornare in Italia ahah”
“Se non fosse per la lingua, magari un pensierino ce lo farei, ho visto di quelle spiagge in foto che mi sono già innamorata”
“Tranquilla che tanto parlano tutti l’italiano”
“Già, dimenticavo che siete dei fenomeni per le lingue. Ti faccio solo l’ultima domanda”
“Dimmi pure”
“Se dovessi scegliere, dove passeresti il resto della tua vita?”
“Albania”
“Perché?”
“Solo per sentire il mio nome pronunciato in maniera corretta”
Gezim Qadraku.