Il figlio del terrorista

Zak Ebrahim è il figlio di El-Sayyid Nosar, l’uomo che nel novembre del 1990 assassinò il rabbino Mehir Kahane e fu una delle menti dell’attaco al World Trade Center del 1993. Zak è frutto dell’amore di suo padre, un ingegnere egiziano, e di sua madre, un’insegnante statunitense. Un matrimonio misto, che dovrebbe dare vita ad una realtà mista, la quale però diventa immediatamente una tipica famiglia egiziana di fede islamica. La madre accetta la cultura, le usanze e la religione del marito e sembra che la loro esistenza possa essere come quella di qualsiasi altra famiglia americana.

Ciò che nessuo dei componenti del nucleo famigliare può immaginare, è che la figura paterna sia un terrorista. Un uomo che cerca di inculcare a suo figlio Zak quello che il fondamentalismo islamico dice. Un uomo che cresce i propri figli insegnando loro che le persone vanno distinte in base a razza e religione. Dopo l’arresto del padre, la vita del piccolo Zak è un susseguirsi di eventi che lo travolgono, senza che lui possa in alcun modo controllarli.
Gli infiniti trasferimenti, i continui passaggi da una scuola all’altra,  dove si trova sempre ad essere vittima di bullismo, le visite in prigione al padre e la difficoltà economica che sopraggiunge dopo un certo periodo. Zak è un bambino che trascorre la maggior parte del suo tempo a casa, tra videogiochi e televisione, impossibilitato a creare qualsiasi legame sociale con chi gli sta intorno.
Incapace, inoltre, fino ad una certa età, di considerare suo padre per quello che realemente è, ovvero un terrorista. Ciò che questo difficile periodo porta di buono, è l’intesificarsi del rapporto con la madre.

Col passare degli anni il ragazzo cresce e inizia, pian piano, ad avere i primi rapporti sociali. Stringe amicizie con persone di altre religioni e capisce che in realtà, non vi è alcuna differenza sostanziale con queste persone. Scopre quindi che tutte le convinzioni che suo padre aveva cercato di inculcargli erano errate e false.
Zak capisce di non essere suo padre, comprende che è arrivato il momento di cambiare vita, nonostante gli ritorni in mente quella frase che suo zio disse quando egli era ancora un bambino, e ad un poligono di tiro riuscì a colpire in pieno la luce che stava sopra il bersaglio: “Tale padre, tale figlio”.

Egli aveva quindi tutte le caratteristiche della figura paterna. Una frase che lui avrebbe compreso pienamente solo dopo tanti anni.
Una frase che prenderà come punto di partenza per diventare la persona più lontana possibile da quel terrorista, che il destino aveva deciso che fosse suo padre.

Quella di Zak è la storia di una scelta, una scelta che ha cambiato la sua vita in meglio e lo ha reso una persona migliore. Una persona che ora ha trovato il coraggio di parlare in pubblico della sua difficile storia. Come ha fatto per TED, un’organizzazione no profit, devota alla diffusione di idee, con interventi della durata media di 20 minuti, che riguardano qualiasi tipo di argomento.

Concludo con uno dei pezzi che ho sottolineato:
È la storia di un ragazzo che venne allenato ad odiare, e di un uomo che scelse un sentiero differente“.

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L’intervento di Zak per  TED.

Gezim Qadraku.

Un uomo

Un uomo è colui che nasce con degli ideali, che li porta avanti e li difende durante la sua esistenza, per i quali è pronto ad accettare carcere e torture disumane. Un uomo è colui che accetta la morte, purché le sue idee e i suoi valori restino immutati, affinché le cose possano cambiare. Un uomo è colui che accetta la lotta in nome di un popolo, di un paese, della libertà e della democrazia.
Un uomo, lo era Alekos Panagulis, che nella Grecia dei colonneli cercò di uccidere il militare che vi era a capo di quel regime, Georgios Padadopulos.
È proprio da quell’attentato che inizia il libro di Oriana Fallaci.
Una descrizione ricca di particolari, capaci di prendere il lettore e farlo sentire parte integrante di quegli attimi di follia. Una minuziosità nel riportare ogni minimo fatto, che la scrittrice e giornalista fiorentina mantiene per tutta la durata della sua opera.
Si passa dall’attentato alla carcerazione di Alekos. Un periodo nel quale l’eroe della resistenza greca dovette subire le peggiori torture possibili e immaginabili. Capace di persistere a tutto, mai domo, ricordato dai suoi aguzzini come l’unico in grado di resistere con una fermezza impossibile da immaginare.

Ma questa non è soltanto la storia di un uomo, questa è anche una bellissima storia d’amore. Quella che nasce tra l’eroe greco e la giornalista italiana. Dopo che la detenzione di Alekos aveva smosso la stampa internazionale, Oriana corse in Grecia per intervistarlo al momento della sua liberazione. Fu sufficiente quell’incontro per permettere ai due di innamorarsi. Una relazione vissuta al massimo, un’intesa di ideali, di lotta, di condanne, che portò il loro amore ad essere qualcosa di difficilmente rintracciabile altrove. Un rapporto basato innanzitutto sulla stima reciproca di uno nei confronti dell’altra, tanto che Panagulis descriverà Oriana  con le parole:

Sei stata una buona compagna. L’unica compagna possibile.”

Questo non può essere semplicemente considerato un romanzo o un libro, questa è un’esperienza di vita, di ideali, di lotta, di amore. Ciò che è stata la vita sia di Alekos che di Oriana. Due personaggi scomodi per molti, che hanno trascorso la loro esistenza portando avanti le proprie idee, cercando di non mischiarsi mai alla folla e nel caso di Alekos, pagando a caro prezzo questa purezza d’animo. Questa incapacità di sottostare a certe etichette o di affidarsi ad una corrente politica.
Un’ indipendenza totale, che lo porterà ad essere ricordato per l’eternità come un Uomo.
Un Uomo, con la U maiuscola.

Concludo con una dei tanti pezzi che ho sottolineato.
La solita fiaba dell’eroe che si batte da solo, preso a calci, vilipeso, incompreso. La solita storia dell’uomo che rifiuta di piegarsi alle chiese, alle paure, alle mode, agli schemi ideologici, ai principii assoluti da qualsiasi parte vengano, di qualsiasi colore si vestano, e predica la libertà. La solita tragedia dell’individuo che non si adegua, che non si rassegna, che pensa con la propria testa, e per questo muore ucciso da tutti.”

Il link per acquistare il libro:
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Gezim Qadraku.

Freddi fiori d’aprile

Ci troviamo in un piccolo villaggio albanese, quando la quotidianità del pittore Mark viene sconvolta da una banale rapina ad una banca. Un evento che passerrebbe quasi inosservato in qualsiasi altro paese europeo, ma non in un paese ex comunista come l’Albania, dove la rapina ad un istituto bancario viene considerata come atto di occidentalizzazione.
Ma non è solo questo, perché in quei giorni sono diverse le storie ad intrecciarsi nella vita del protagonista, come per esempio l’eco del Kanun,  il più importante codice consuetudinario albanese, che sembra poter ritornare ad influire sulle vite della popolazione, oppure la leggenda della ragazza che dovette sposarsi con un serpente e la sparizione di alcuni suoi amici.

Il massimo esponente della letteratura albanese descrive il cambiamento della vita del protagonista, che cerca di trovare un filo che possa legare questi avvenimenti, mentre allo stesso tempo prova con tutte le forze a portare avanti il proprio lavoro di artista, cercando di completare il quadro che ha come protagonista la sua amante.
Ismail Kadaré porta il lettore nella cultura e nelle tradizioni albanesi, descrivendoci alcune regole previste dal Kanun, alcune storie come appunto la leggenda del matrimonio con il serpente e la mentalità della nuova generazione che si ritrova in un momento storico, i primi anni duemila, a combattere con le vecchie generazioni che non riescono a slegarsi totalmente dalle antiche abitudini.
Un’opera delicata e scritta in maniera meravigliosa, un lessico di livello altissimo, che ci fa comprendere al meglio perché Kadaré compare nella lista dei possibili Nobel per la letteratura.

Concludo, come sempre, con uno dei pezzi sottolineati:
“La ragazza se ne andò prima che venisse buio. Dalla vetrata, Mark la seguì con lo sguardo mentre lei si allontanava. Senza trovare risposta alla domanda, si chiese se cambiava qualcosa, nel passo di una donna, subito dopo aver fatto l’amore. Senza di te, pensò poco dopo, non trovo risposta a niente.”

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Gezim Qadraku.