“Cosa stavi facendo l’11 settembre?”
Una domanda che tutti ci siamo sentiti rivolgere.
Ero in cucina, stavo guardando la melevisione su rai 3. I cartoni di quel programma erano un rituale che nessuno poteva permettersi di togliermi. Avevo 8 anni, mancavano pochi giorni all’inizio della scuola e mi stavo godendo gli ultimi giorni di libertà. Sarei dovuto essere in camera a fare i compiti,ma la scuola, per molti anni della mia vita, è sempre arrivata dopo tutto il resto.
All’improvviso quelli della televisione si permisero di farmi uno sgarbo che provocò in me una rabbia enorme. Il programma venne interrotto per dare spazio all’edizione straordinaria del Tg.
La prima immagine che vidi, fu quella della torre in fiamme. Istintivamente pensai ad un incidente, in quei secondi mi chiesi come il pilota fosse riuscito a centrare in pieno l’edificio.
Passarono pochi minuti, prima che le immagini riuscirono a farmi capire che c’era qualcosa che non andava. Vidi in diretta il secondo aereo e solo in quel momento rimasi con la bocca spalancata. Non potevano essere due incidenti, stava succedendo qualcosa. I giornalisti parlavano, ma nel mio cervello c’era un silenzio assordante e riuscivo a captare soltanto le immagini.
Mi alzai dalla sedia per andare da mia madre, lei aveva fatto lo stesso e ci incontrammo in corridoio. Non ricordo quali furono i discorsi in casa quei giorni, in quel periodo nella mia testa c’era soltanto un vuoto assurdo. Gli avvenimenti inspiegabili, le guerre, le morti le studiavo a scuola nei libri di storia, convinto che fossero irripetibili. Erano accadute nel passato e non ci sarebbero mai più stati eventi simili.
Mi sbagliavo, me ne sarei reso conto crescendo.
L’11/9 è l’inizio del cambiamento. Niente è più stato lo stesso. Il nemico mondiale è cambiato, prima era il comunista ora è l’uomo di colore che crede in Allah.
Gli atti di terrorismo sono diventati una costante della nostra esistenza. La colpa la diamo a prescindere al nemico. Non siamo più così sicuri a viaggiare, certi paesi sono diventati mete pericolose. Abbiamo accettato di essere controllati, perché abbiamo paura e siamo convinti che questo controllo sia sinonimo di sicurezza.
“meglio non vivere una super felicità, se ti controllano come un computer con facilità”
Canta Rancore, in una delle canzoni rap italiane più belle che io abbia mai ascoltato.
Il tema del controllo mi porta alla mente 1984 di Orwell.
Incredibile come lo scrittore britannico sia riuscito a descrivere il mondo di oggi. Un mondo dove si vive sotto l’occhio vigile delle telecamere e dove si è sempre in guerra. Tanto che la maggior parte delle persone ogni tanto fatica a capire chi sia il buono e chi sia il cattivo.
La base degli interventi militari da quindici anni a questa parte è sempre la stessa, la lotta al terrorismo. La ricerca di armi di distruzione di massa (mai trovate, vi consiglio il film green zone), la volontà di esportare la democrazia nei paesi dei nemici, tutto per un mondo migliore. A rimetterci sono stati i civili, gli innocenti, come sempre. A partire dal crollo delle torri gemelle fino ad oggi, con la guerra infinita in Siria.
Sono passati quindici anni, faceva caldo, guardavo i cartoni e la televisione decise di cambiare per sempre la mia vita.
Gezim Qadraku.
Io sono un po’ più grande di te… eh, eh, eh… condivido l’analisi e aggiungo che tale fatto è preceduto da un altro che ha cambiato le cose senza possibilità di ritorno: la caduta del muro di Berlino. Non trascurerei nemmeno l’attacco degli USA a Saddam nella prima guerra del Golfo…
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Assolutamente, anche se possiamo dire che le cose sono cambiate, nel momento in cui, dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si sono accorti della loro potenza.
La caduta del muro e la fine dell’URSS sono stati un ottimo trampolino di lancio
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