“Un genio”, “un diamante” , “un mostro”.
Questi sono solo alcuni degli appellativi che vengono utilizzati nel documentario, per descrivere Lionel Messi.
Il palcoscenico questa volta , non è il solito rettangolo verde, ma un ristorante. Orario di cena, i tavoli si riempiono. Le persone che vengono inquadrate hanno solo una cosa in comune.
Tutte conoscono bene il protagonista del documentario.
I suoi compagni di squadra, Iniesta, Pique, Macherano, Pinto. I suoi amici di infanzia, i suoi allenatori, Sabella e l’allenatore dell’Argentina under 20. I suoi ex compagni di squadra del Newell’s Old Boys, un paio di giornalisti, i suoi insegnanti delle elementari e per ultimi, due mostri sacri come Valdano e Cruijff.
Il regista concentra l’attenzione della telecamera soprattutto sui discorsi degli ospiti, che tra un bicchiere di vino e una bistecca, ricordano, analizzano, elogiano, le gesta del numero dieci del Barcellona. Il tutto mescolato alle riprese di repertorio che mostrano un Leo piccolissimo ai suoi primi passi nei campi da calcio.
Pardon, ai suoi primi dribbling e gol, nei campi da calcio. Oltre alle vere riprese delle magie del ragazzo, ci sono anche ricostruzioni ad hoc eseguite con attori professionisti. Quattro, per le varie fasi della storia.
E’ un racconto che si svolge in ordine cronologico. Si parte dall’inizio, da quel giorno in cui la nonna portò il piccolo Leo in un campetto di calcio e fu lei a decidere di farlo giocare.
Quel giorno il pallone si attaccò a quel piede sinistro e non si staccò più.
E’ a lei che il ragazzo dedica ogni goal, alzando le dita al cielo.
Si passa per i ricordi degli insegnanti delle scuole elementari.
“L’unico momento importante per Leo era la ricreazione.”
“I suoi compagni volevano due palloni, uno ce l’aveva sempre lui, nessuno riusciva a toglierglielo.”
I primi gol con la sua squadra, le prime vittorie e poi la stangata. La scoperta della malattia e quel viaggio della speranza. Direzione Barcellona.
Ostacoli a prima vista insormontabili. Il difficile ambientamento, la lontananza dalla famiglia e quella responsabilità di dover dimostrare a tutti che i soldi spesi per lui, non erano sprecati.
Poi, Rijkaard e la protezione che ebbe nei confronti del ragazzo, un momento cruciale della carriera di Leo. Il debutto in prima squadra. Il primo gol, l’abbraccio con l’amico Ronaldinho. L’arrivo di Guardiola e l’idea di cambiargli ruolo. Un mossa vincente.
C’è anche il Leo versione albiceleste. Criticato perché non canta l’inno, perché poco attaccato alla maglia.
Un documentario che non mette in prima fila le abilità del ragazzo con la palla, ma ci mostra che cosa è Messi al di fuori del rettangolo di gioco.
Un ragazzo timido, educato, umile e ostinato.
Il regista ci mostra tutta la semplicità di un artista.
Voto : 8.
Gezim Qadraku.