Il desiderio di una carriera nell’ambito lavorativo, lo aveva portato a trasferirsi in quella città così grande, rispetto al suo paesino di campagna.
Una laurea e un master all’estero con ottimi voti, non erano bastati per prepararlo a quello che lo aspettava. “Il miglior insegnamento è sempre la strada“, gli aveva detto suo padre. Aveva depositato la sua valigia, i suoi affetti, le sue paure e i suoi sogni, in un piccolo appartamento in centro. Una stanza che faceva da cucina e salotto, un bagno minuscolo e nient’altro.
Il lavoro era arrivato al primo colpo. Il suo aspetto, pulito, curato, affidabile aveva avuto la meglio.
Col passare dei giorni, aveva scoperto che in realtà, lui non era solo il bravo ragazzo degli ottimi voti, ma era anche il ragazzo tanto impaurito da quel tran tran della città, da quelle persone vestite così bene e con l’aspetto convincente, da farlo sentire così insicuro e così inadatto. Era anche il ragazzo, che faticava più del previsto ad instaurare nuovi rapporti, al di fuori del lavoro. Era il ragazzo che sentiva la lontananza dai suoi famigliari e dalla sua amata campagna.
Le foto e le telefonate non bastavano. Ma era anche il ragazzo che in ufficio si trasformava. Gli sembrava di prendere tutta quella sicurezza, che vedeva nei volti delle persone che incontrava per strada e farla sua.
In un pomeriggio inutile, di una giornata qualunque, era arrivata lei. Lei, con i suoi capelli a caschetto, gli occhi verdi, un sorriso timido, un trucco leggero e una bellezza semplice che era riuscita a scombussolarlo.
Si erano piaciuti sin da subito. Si erano amati dal primo scambio di sguardi, nonostante non si conoscessero. A lui sembrava impossibile poter conoscere meglio lei, sempre così timida, di poche parole, chiusa nel suo mondo. Gli sembrava che non volesse aiutarlo nel farsi scoprire, ma lo fece indirettamente.
Si portava sempre un libro con sé, che lui prendeva e leggeva. Non gli interessava la storia narrata, ma le frasi che lei aveva sottolineato. Sapeva di poterla conoscere meglio in questo modo. In quelle frasi c’era tutto quello che lei non aveva il coraggio di dirgli. E così, la parte del ragazzo impaurito sparì.
Lasciò il palcoscenico ad un ragazzo sicuro, felice, innamorato. Finalmente aveva avuto l’opportunità di provare sulla sua pelle gli effetti di quelle due parole, che si fatica tanto a pronunciare. Amore e felicità.
Gli pareva che la felicità dipendesse dall’amore, che senza amore non si potesse essere felici. Il loro amore, come ogni cosa bella però, durò poco. Quelle emozioni ebbero un’esistenza breve. Gli occhi verdi che tanto lo avevano colpito, non c’erano più. Avevano deciso di guardare altro. Non si diede per vinto.
Pensò che per gli esseri umani poteva valere lo stesso procedimento di sostituzione che vale per gli organi. Quando un organo smette di funzionare, i medici inseriscono il paziente in una lista di attesa, nella speranza di trovare l’organo che possa sostituire quello malato.
L’organo non è lo stesso, è simile, gli assomiglia, è quasi identico, le funzioni però, sono esattamente le stesse.
Così, se una serie di eventi decide di prendere lo stesso percorso, il paziente riceve l’organo giusto e può ricominciare a vivere.
Sperava che anche per lui valesse lo stesso. Avrebbe trovato anche lui, una persona simile che lo avrebbe rimesso in vita. Gli servì poco tempo per capire che per le persone non funzionava così.
Aveva bisogno di lei, non di qualcosa che somigliasse a lei.
Gezim Qadraku