Mi chiesero se avessi mai amato in vita mia.
Risposi loro di sì.
Domandarono com’era stato.
“Terribile” dissi.
“Perché?” vollero sapere.
“Ho amato una persona che non esisteva” replicai.
Mi guardarono straniti, non capirono, non potevano.
Non vollero sapere più niente, si alzarono e mi lasciarono solo con i miei pensieri. Pagarono ciò che dovevano, mi salutarono con sguardi ancora dubbiosi riguardo le mie dichiarazioni e tornarono ognuno a casa propria.
Il proprietario iniziò a pulire il locale, mentre aspettava che io finissi l’ultimo sorso di whisky. L’orologio segnava le 3:43, una fitta nevicata aveva imbiancato tutta la città, per strada non c’era anima viva. Di fronte al pub passò uno dei signori che mi avevano tenuto compagnia, la testa abbassata e il passo rapido, per cercare di avere la meglio contro le gelide folate di vento.
Pensai a quanti segreti avevo riferito a quegli sconosciuti quella sera. Come avevo finito, raccontando loro la più grande delle mie sofferenze sentimentali. Mi accorsi di aver compiuto un’azione che viene naturale a molte persone, quella di confidarsi con uno sconosciuto. Accade spesso, nascondere il dolore ai nostri cari, per poi espellerlo quando ci troviamo di fronte qualcuno che non ci conosce minimamente. Lo facciamo perché abbiamo paura che i nostri conoscenti ci possano giudicare. Comportandoci in questo modo, compiamo contemporaneamente un altro errore, caratteristico di noi uomini: cercare di palesarci forti dinnanzi all’amore. Impauriti come siamo, di non dover mostrare il nostro lato umano, che come stupidi riteniamo sia il più debole, ma che in realtà, è la caratteristica più bella che abbiamo.
Andò proprio così la mia disavventura sentimentale, amai una donna che non era mai esistita. Succede di commettere questo tipo di errore, innamorarsi di una persona e costruire intorno ad essa ciò che vorremmo che lei fosse.
Poi, ai più fortunati, capita di accorgersi che si sta amando solo il frutto della propria immaginazione, ovvero il nulla. Così, inevitabilmente, si arriva alla conclusione che in questi casi, amare, è terribile. Un atto da non consigliare a nessuno, un sentimento dal quale stare alla larga.
Cosa fareste voi, se vi accorgeste che il momento più importante della vostra vita non è stato niente di reale?
Un interrogativo, questo, che mi ponevo da parecchio tempo.
Il cubetto di ghiaccio nel bicchiere si era sciolto, il proprietario aveva ormai sistemato tutti i tavoli e stava aspettando solo me. Mandai giù quello che era rimasto del whisky, ma non mi fece alcun effetto, troppo annacquato. Prima di alzarmi diedi un’ultima occhiata al locale, guardai le mura, convinto che avessero assorbito la mia storia e avrebbero potuto raccontarla agli ospiti dei giorni seguenti. Decisi che non sarei mai più tornato in quel posto, anche se mi piaceva da sempre. Era uno di quegli ambienti che sembravano appartenere ad un’altra epoca: il marrone era il colore predominante e tutto era fatto di legno. Sulle mura c’erano quadri storici e le frasi di diversi mostri sacri della letteratura. Una, in particolare, era quella che attirava sempre la mia attenzione.
“Ne parlai quasi tacendo. Io sono un maestro nel parlare tacendo, ho parlato tacendo per tutta la mia vita e ho vissuto delle vere tragedie dentro me stesso tacendo” di Fedor Dostoevskij. Mi alzai, e mentre mi dirigevo verso il bancone, pensai a come questo uomo era stato in grado di descrivere la mia vita, e quella di tutti gli esseri umani, meglio di quanto ognuno di noi avrebbe potuto fare. Pagai il conto e salutai.
Il vento gelido mi ricordò di abbottonarmi per bene il cappotto, ma non riuscì a distrarmi dai pensieri che continuavano a girarmi per la testa.
Continuavo a chiedermi cosa avrei dovuto fare della mia vita dopo una delusione del genere, ma era una domanda che mi ponevo da ormai troppo tempo. Il dolore della tragedia d’amore era nullo, se confrontato ad un’intera esistenza, la mia, passata a cercare una risposta.
Gezim Qadraku.
Il tuo titolo obbliga ad una risposta immediata, che fiorisce dalla mente senza che la volontà sia capace di frenarla, perché troppo veloce è la formulazione della risposta. Sì, ho amato. Ed è terribile.
Sono passati anni e per il mio spirito sembra essere passato ancora più tempo. Troppe cose sono cambiate da quando conobbe quell’altra anima, che gli appariva come se fosse sé stessa allo specchio: perfetta sincronicità di pensieri e delle conseguenti emozioni, amplificate ancora di più nel sentirle manifestarsi nelle parole sussurrate dall’altro, nella mia pelle d’oca che era anche la sua, nei suoi occhi, in cui mi potevo specchiare mentre sapevo che lui si stava specchiando nei miei. Era come amare se stessi attraverso un’altra persona e non sentirsi per nulla egoisti.
Più belli sono i presupposti, più faticoso è superare la delusione di vederli svanire.
Il mondo fuori non ci ha aiutati: a ciascuno ha fatto perdere sé stesso. Non eravamo più arricchimento per noi stessi, figurati per l’altro. Non eravamo più nulla, se non muscoli ed ossa che agivano per sopravvivere, adattandosi alle circostanze imprevedibili in cui ci eravamo immersi, non solo con le nostre mani, ma anche con la gentile partecipazione delle persone sbagliate.
Immaturità; troppa fiducia in una bontà che, a volerla vedere oggi, non c’è mai stata; troppa ingenuità e convinzione di saper gestire situazioni dalla complessità spropositata per la nostra piccola esperienza del mondo; l’arroganza dei giovani che non danno ascolto ai consigli dei genitori.
La tempesta passò, lasciando solo una città rasa al suolo e spero non cosparsa di sale.
Quella persona era esistita ed io ho avuto la possibilità di amare. Era esistita e poi era scomparsa, sconfitta dalle esperienze assurde in cui ci eravamo cacciati. Davanti a me il suo spettro si muoveva, imitandone perfettamente i gesti, ma era solo un’ombra di quello che era stato, come lo ero io.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Meraviglioso!
"Mi piace""Mi piace"