Avevo l’esame di economia internazionale stamattina, non ho chiuso occhio tutta notte, è già la terza volta che lo provo. Il tragitto in treno fino a Milano è stato nauseante. Non lo prendo mai così presto, era pieno di gente, non c’era neanche lo spazio per muoversi, figurarsi per sedersi. Faceva così caldo che faticavo a respirare, per un momento mi è sembrato di svenire. Ho incominciato a sudare freddo, tremavo, mi sono lasciato cadere per terra, sono rimasto in quella posizione a fissare le scarpe delle persone tra l’indifferenza di tutti.
Dopo l’abituale ritardo del treno e le due fermate della metro sono riuscito ad arrivare in tempo in università. Il professore ha fatto l’appello, non ero tra quelli che sarebbero stati interrogati la mattina. Dovevo tornare dopo le 14.
Ho passato la mattina in biblioteca, verso mezzogiorno sono andato a sgranocchiare qualcosa da McDonald’s. Mi sono seduto in un tavolo per due, di fianco a me c’era una madre di origini sudamericane con il figlio piccolo, avrà avuto 4-5 anni. Lui stava mangiando il suo happy meal, quello che costa quattro euro e dentro c’è la sorpresina, la madre non aveva preso niente. Il bambino non stava zitto un secondo, continuava a parlare, i suoi argomenti spaziavano dalla sorpresa che aveva trovato, agli amichetti di classe, alle avventure all’asilo, ma la madre non lo calcolava minimamente.
Era distratta, aveva lo sguardo perso, le mani rovinate da chissà quale lavoro pesante. Era lì ferma immobile che fissava il vuoto, ho immaginato che si fosse concessa un attimo di riposo, un momento di vita, in quella che era la sua struggente quotidianità fatta di sacrifici e di fatica.
Non erano vestiti benissimo, il bambino aveva la roba del mercato, quei vestiti sbiaditi e abbelliti con delle pezze improponibili.
Ho pensato a che lavoro facesse lei, a quanti cessi lavava al giorno, a quanto veniva pagata, a quanto si sacrificava per poter portare il figlio a mangiare da McDonald’s per non fargli notare che erano poveri.
Non aveva la fede al dito, sicuro il padre del piccolo era scappato e aveva lasciato a lei il compito difficile. Il bambino continuava a parlare, ogni tanto lei gli sorrideva e gli accarezzava il volto, chiedendogli se gli piaceva quello che stava mangiando, lui annuiva felice e gli occhi di lei si riempivano di orgoglio. Avrei voluto dirle qualcosa, darle una pacca sulla spalla, aiutarla in qualche modo, ma non sono riuscito a fare niente se non continuare a mangiare.
Cosa ne potevo sapere io dei suoi sacrifici? Io che mi stavo cagando addosso per uno stupido esame universitario. Lei invece che in quei momenti pensava a come mettere da parte i soldi per arrivare a fine mese, per poter riportare il figlio a mangiarsi un hamburger. Ho finito di mangiare e nel frattempo mi sono accorto che mi ero liberato dell’ansia che mi aveva attanagliato per tutta la notte. Sono uscito, la porta si è chiusa dietro di me, mi sono girato solo una volta, la scena non era cambiata. Il bambino parlava e la mamma era persa nelle sue paure.
Ho superato l’esame, ho mandato un messaggio sia a mamma che a papà. Quando sono tornato a casa entrambi erano lì, impazienti di festeggiare la bella notizia. Distrutti, ma felici, dopo l’ennesima giornata passata a spaccarsi la schiena per permettermi di studiare e non farmi mancare niente. Abbiamo mangiato e bevuto, ci siamo spostati in salotto per finire la serata. In tv non c’era niente di interessante, ho abbassato il volume e ho chiesto loro di raccontarmi i sacrifici che avevano fatto per me.
Si sono commossi entrambi, mamma ha girato la testa verso la finestra per non farsi notare, papà ha tirato fuori un sorriso per cercare di mascherare le lacrime. Nessuno dei due è riuscito ad aprire bocca, ho capito da quelle lacrime quanto poteva essere stato faticoso per loro crescermi e quanto si erano sacrificati.
Non sempre i figli si accorgono dei sacrifici dei propri genitori. Questa è una grande ingiustizia.
Gezim Qadraku.
Leggere queste righe mi ha riempito gli occhi di lacrime, le sentivo premere per uscire.
Meraviglioso, veramente.
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Troppo gentile veramente, non potevi farmi complimento migliore.
Ti ringrazio 🙂
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Davvero belle parole! mi è scappata la lacrima
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Sono scappate anche a me, mentre lo scrivevo..
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Mi son messa a leggere le tue parole di questo e di altri tuoi scritti e la percezione è stata di sentire il flusso dei miei pensieri prender forma. Noto anche quanto tu abbia preso consapevolezza nel cogliere ciò che ti circonda; non è semplicemente un guardarti intorno ma far tuoi certi dettagli che passano inosservati agli sguardi della maggior parte delle persone. Davvero complimenti!
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Hai colto in pieno il mio pensiero,
cerco sempre di concentrare la mia attenzione in quei dettagli, che molte volte sono cose importantissime, che passano inosservate, o peggio ancora vengono date per scontate!
Grazie mille 🙂
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E’ un post fantastico, davvero. Ha toccato corde che hanno stimolato la mia commozione sincera. Grazie.
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Grazie a te davvero, gentilissima 🙂
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Sai la cosa che apprezzo di più leggendoti? Questa tua capacità di vedere cosa ci sta dietro a far studiare i figli ad allevarli quando bisogna far quadrare lo stipendio e i soldi non bastano mai. Non critico i figli che non lo fanno, ammiro quei pochi come te che hanno la sensibiltà per vedere e di capire queste cose. Complimenti
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Ti ringrazio davvero, è così, ogni volta il mio pensiero va ai miei genitori.
Ogni volta la sensazione è quella di ricevere tanto e non sapere se me lo merito o meno.
Cerco di impegnarmi più che posso, per far si che tutti questi sacrifici non si perdano!
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Un genitore si sacrifica sempre volentieri per suo figlio, perché non c’è niente nella vita che valga di più di un figlio. Lo so, sembrano frasi fatte, ma è così e solo quando si diventa padre lo si capisce veramente.
Complimenti per ciò che hai scritto, ti fa veramente onore, i tuoi genitori possono essere orgogliosi di avere un figlio come te.
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Continuo a ripetermelo ogni giorno, forse lo capirò solo quando diventerò padre, perché al momento non riesco a capacitarmi del perché i miei genitori abbiano fatto e facciano tanti sacrifici per me.
Grazie per le belle parole.
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Il fatto che tu l’hai scritto, non lo ha reso vano. Queste cose non bisogna mai smetterle di pensare e insegnare, per tutta la vita.
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Hai ragione, non bisogna mai smettere di dirle!
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